
L’importanza del marchio per il successo del prodotto

Tra i 10 marchi più conosciuti al mondo (fonte Interbrand rankings 2015) il primo è Apple, il secondo Google, il terzo Coca Cola). Il primo brand legato all’automobile è quello di Toyota al sesto posto. Seguono BMW all’11° e Mercedes Benz al 12°. In mezzo ci sono Honda al 19°, Volkswagen al 35° (in discesa di 9 posizioni a causa del Diesel gate), Ford al 38°, Hyunday al 39°, Audi al 44°, Nissan 49°, Porsche al 56° Kia 74°. Mini è al 98° posto prima dello Champagne Moet Chandon ed i computer Lenovo. In mezzo ci sono marchi come Amazon, Nike, Ikea e Disney, per citarne solo alcuni.
Che cosa vuol dire questo? Dall’importanza del marchio deriva il suo valore intrinseco. Se un brand vale di più nella percezione del pubblico, questo è disposto a spendere di più per acquistare un prodotto o un servizio di questo operatore rispetto ad un altro perché pensa sia migliore o più affidabile o più desiderabile.
Da cosa nasce la percezione del consumatore? Fondamentalmente da tre fattori: il prodotto in sé, l’esperienza diretta con l’utilizzo dei prodotti del marchio – e qui il rapporto con il cliente è il fattore determinante, e l’immagine del marchio che viene convogliata nei canali di comunicazione classici e nuovi.
Ultimamente anche la tutela della privacy rappresenta una componente fondamentale della credibilità di un marchio. Alla gente non piace sapere di essere monitorati nelle scelte e nei comportamenti ed essere “studiati” dai guru del marketing per avere informazioni sulle preferenze e sui gusti individuali.
Possiamo quindi capire, per tornare in ambiente automobilistico, come il contenuto di prodotto, la tecnica vera e propria sia fondamentale. Se diamo un’occhiata ai marchi, BMW e Mercedes e VW (al di là dell’ultimo capitombolo con il diesel-gate) hanno sempre investito e puntato molto sul prodotto, sulla qualità dei materiali e sulla solidità costruttiva che permetteva alle vetture di durare a lungo e quindi mantenere alto il valore nel tempo. La ricerca tecnologica e la spinta innovativa insieme ad una grande industria che sapeva ingegnerizzare ed industrializzare i prodotti hanno condotto il successo dei marchi automobilistici tedeschi alla posizione di dominio assoluto nel settore “premium” dove dominano quasi incontrastati il mercato. Questo, oltre ad avere ricadute positive in termini di marchio e posizionamento nel mercato, ha portato anche grande redditività economica e marginalità che ha garantito gli investimenti sui prodotti a venire.
Toyota è saldamente leader dei marchi automobilistici perché investe in qualità, prodotto e innovazione da quando ha deciso di entrare seriamente nel mercato automobilistico nel 1947 col modello SA. Prima con il pallino della qualità (leader anche nei processi di produzione Kaizen – miglioramento continuo e just in time – processo corto di progettazione, produzione e transito) e poi con l’ibrido. Il marchio è riuscito prima a pareggiare il livello di qualità di prodotto europeo e poi, con i processi di produzione e poi di vendita ed assistenza, a superarlo ed a diventare leader grazie alla forte determinazione del suo management orientato alle nuove forma di alimentazione quale l’ibrido e domani l’idrogeno.
Non da meno è lo stile ed il design. Questo può anche essere percepito in maniera diversa da paese a paese ed i gusti possono variare anche in maniera importante, ma qui conta molto la coerenza nel corso del tempo e la continuità di stile con il marchio originale. Per esempio, se guardiamo ad un brand sportivo come Alfa Romeo che si richiama alla storia ed alla sportività, essa non può prescindere da questo fattore nella realizzazione delle vetture.
Questo marchio in particolare, ha sofferto molto negli anni ’90 quando nel gruppo FIAT non godeva dell’indipendenza di cui gode ora e doveva adattare le proprie carrozzerie alla piattaforme esistenti nel gruppo.
Questo ha significato rinunciare alle proporzioni di volumi tipiche delle vetture sportive per aderire ad un modello generalista che era in contrasto con l’immagine del marchio. E lo ha pagato. Inoltre, in quegli anni le vetture hanno adottato la trazione anteriore (anche sulle vetture alto di gamma) rispetto alla classica posteriore. Oggi, i dirigenti del marchio hanno capito molto bene il valore che ha un marchio storico e lo stanno valorizzando a pieno, a partire dalla qualità del prodotto, dalla trazione posteriore e dal design che riprende e sviluppa quello delle vetture storiche del biscione. La nuova Giulia ne è l’esempio più concreto.
Al di là dei gusti e personali convinzioni, si tratta di un prodotto molto coerente con lo spirito del marchio e tecnologicamente al passo con i tempi con un design innovativo e di forte personalità. Ci sono voluti trent’anni (FIAT ha acquisito Alfa Romeo nel lontano 1986) prima che il gruppo capisse il valore del marchio che aveva in mano e ne valorizzasse i contenuti specifici.
BMW, che è un marchio di impronta sportiva, non ha mai fatto un errore del genere ed ha mantenuto una coerenza di tecnica e design negli anni. Se osserviamo una serie 3 degli anni ’70 (la E21) e la serie 3 di oggi (F30) sono molto simili. Si capisce, mettendole a confronto, che sono della stessa famiglia, che sono una l’evoluzione dell’altra.
Come nel nostro immaginario quotidiano, coerenza, determinazione e tenacia premiano. A volte ci stupiamo come concetti semplici siano di difficile interpretazione in alcuni settori industriali, ma alla fine si realizzano. Il successo lo dà poi quel pizzico di creatività, particolarità e novità che fa breccia, piace al pubblico e che poi gli altri imitano.