A 66 anni scompare l'uomo che ha salvato la Fiat
Dal carattere pessimo, solo al comando e nella presa di decisioni, rimane l’uomo che ha rivoluzionato il modo di fare business della casa di Torino, portandola fuori dalla provincia italiana fino ad essere un’azienda mondiale. Ha fatto quello che nessuno si sarebbe mai sognato di fare ed è riuscito in un’impresa titanica sulla quale nessuno avrebbe scommesso una lira quando è entrato nel 2004.
Quattro sono soprattutto i pilastri su cui ha imperniato la sua opera.
Primo: ha salvato l’azienda dal fallimento quando a Torino si targavano chilometri zero a fine mese per fare quota di mercato e alle bnche si dichiarava che erano macchine nuove senza targa (peccato che le prime perdevano in un solo giorno il 40% del loro valore). Allora la concezione di prodotto non esisteva, ma si puntava sull’economia di produzione, sugli sconti e sul fatto che le vetture erano di produzione italiana e che si riparavano senza problemi con ricambi poco costosi.
Secondo: ha vinto la partita con General Motors con la quale all’inizio c’era una Joint Venture e Marchionne è riuscito nell’opera di non far esercitare il PUT a GM (sostanzialmente General Motors aveva un impegno a comprare FIAT e non lo ha fatto) che in cambio ha pagato una penale molto alta. Questi soldi sono stati investiti in nuovi prodotti che hanno dato linfa vitale a FIAT negli anni successivi.
Terzo: grazie alla poca tecnologia di cui disponeva , Marchionne e la FIAT hanno ottenuto da Obama (presidente USA di allora) il 20% di Chrysler ed è negli anni riuscito a tirar fuori due (o meglio una) marchi di successo da due aziende cadaveri. Ora Jeep vende nel mondo oltre due milioni di veicoli (erano 400.000 quando c’era la crisi). Alla fine del ciclo FIAT ha comprato tutte le quote dell’azienda americana che ha portato fuori dalla bancarotta (lo stato americano aveva dovuto acquistare tuta General Motros e Chrysler/Jeep con il “Chapter 11” per non farle chiudere dopo la crisi finanziaria del 2009).
Quarto: ha cambiato radicalmente la faccia e la concezione di un marchio storico come Alfa Romeo che, dopo essere stato in mano statale per decenni, era sono una vecchia gloria senza futuro. Se durante la prima decade di proprietà di FIAT Alfa Romeo sfornava utilitarie carrozzate da sportive, oggi il marchio del Biscione ha ripreso il suo carattere storico ed ha sviluppato prodotti degni del proprio nome che danno finalmente del filo da torcere alle blasonate tedesche. Alfa Romeo oggi è veramente altra cosa da vent’anni fa.