110 anni di Alfa Romeo, un mito italiano che pulsa nei cuori di tutti gli appassionati di Auto
Le origini
Il tutto nacque nel 1908 grazie alla Darracq, una Casa automobilistica francese che decise di aprire uno stabilimento al Portello a Milano.
Nel 1910 l’azienda fu rilevata da alcuni imprenditori lombardi e prese il nome di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili.
Era un'epoca in cui la croce rossa su fondo bianco, elemento tipizzante delle insegne milanesi, ed il Biscione - simbolo dei Visconti - caratterizzavano il logo della realtà lombarda.
Nel 1918 l’ingegnere napoletano Nicola Romeo salvò di fatto l’azienda e divenne presidente dell’Alfa, facendo aggiungere il suo nome al marchio.
Grazie ai suoi capitali e grazie alla produzione bellica per la prima guerra mondiale, Alfa Romeo si riprende finanziariamente.
Alfa Romeo Tipo B 2900 "P3" del 1932
Le competizioni
Nel 1923 si aggiunse sulla RL da competizione di Ugo Sivocci della Targa Florio anche il logo verde del quadrifoglio su fondo bianco, marchio che oggi si accompagna a tutte le vetture super performanti del Biscione.
Negli anni ’20 le Alfa Romeo erano le vetture da battere e anche Enzo Ferrari, allora pilota, correva per le vetture del Portello.
Nel 1925 Antonio Ascari vinse il Gran Premio d’Europa con l’Alfa T2 sul circuito di SPA in Belgio.
Incredibile ma vero, nel 1929 Enzo fondò la Scuderia Ferrari che divenne la squadra corse ufficiale di Alfa Romeo. Tazio Nuvolari si aggiudicò invece la Mille Miglia del 1930 superando per la prima volta i 100 Km/h di velocità media.
Nonostante i grandi successi sportivi, a causa degli scarsi risultati delle vendite delle vetture di serie, Alfa Romeo nel 1933 passa nelle mani dello Stato attraverso l’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale.
Nel 1935 Nuvolari vince il gran premio di Germania al Nurburgring con l’Alfa Romeo P3, dove le Mercedes e le Auto Union (futura Audi) ne uscirono sconfitte.
Fu in quegli anni che si attivò lo stabilimento di Pomigliano d’Arco per la produzione di motori aeronautici su licenza che poi servirono per le guerre di espansione coloniale.
Alfa Romeo -750-COMPETIZIONE-1955
La fase con Finmeccanica
Passata a Finmeccanica, Alfa Romeo riprende a vincere in Formula 1 con 158 (detta Alfetta). Fu poi Juan Manuel Fangio nel 1951 ad aggiudicarsi il campionato mondiale con la 159, rinnovata e potenziata, cono soli 1.500 cc sviluppava oltre 400 CV grazie a due compressori volumetrici. Poi si ritirò dalle competizioni.
La 1900, frutto del lavoro di Orazio Satta Puliga - già progettista della 158 e 159, fu la prima berlina derivante dalla produzione in linea di montaggio al Portello a Milano con telaio autoportante.
Berlina di alte prestazioni, viene adottata anche dalla polizia per le auto di pattuglia che, in virtù del loro colore iniziale nero, diventano per tutti le “pantere”.
Con circa 5.000 esemplari all’anno questo modello non riuscì comunque a risollevare i bilanci dell’azienda che produceva fantastici modelli da competizione e di alto livello e bassi volumi ma che non riusciva a sfondare nel mercato più competitivo delle vetture di massa.
Alfa Romeo 33/2 Daytona
La Giulietta
Nel 1955 fu la Giulietta a prendere la scena (bellissima la Sprint, coupé disegnata da Bertone - era la preferita dagli sportivi per le gare).
Le vendite arrivarono a 96.000 automobili nella metà degli anni ’50.
Da qui l’esigenza di espandere la produzione ad Arese nel 1963 con la nuova Giulia, che costava due milioni di lire dell’epoca.
Il Duetto spider diventa un mito grazie a Dustin Hoffman nel film il laureato, la Montreal è una coupé da sogno, ora divenuta auto da collezione. La Sport 33 continua a mietere successi nelle competizioni.
Alfa Romeo Duetto Spider
Alfasud & Alfetta
Con l’idea di costruire un’utilitaria per tutti, come fece Henry Ford con la Model T, nasce il programma Alfasud e nel 1972 viene lanciata la piccola di Alfa prodotta a Pomigliano d’Arco.
Grandi volumi, impiego al sud e finalmente una vettura economica con discrete prestazioni sportive (grazie al motore boxer, unico nel suo genere in questo segmento).
Dalle 100.000 unità del 1970, Alfa Romeo raggiunge i 220.000 del 1980.
Viene poi l’epoca dell’Alfetta del 1975 e dell'ammiraglia Alfa6 del 1979 (mai capita) con la quale dotata del mitico motore V6 che rimarrà un "classico" Alfa per oltre 25 anni (montato anche sulla coupé GTV).
Alfa Romeo Giulietta SZ "coda tronca"
L'acquisizione di FIAT
Nel 1986, dopo una gara a cui ha partecipato anche Ford, Fiat si aggiudica Alfa Romeo con un’offerta di 1.050 miliardi di vecchie lire e la promessa di mantenere i livelli occupazionali.
Fu questa un’occasione persa per l’Alfa e per il paese, un po’ di competizione in casa avrebbe fatto solo bene, e ne avrebbe beneficiato anche il marchio di Arese che avrebbe visto investimenti veri, riapertura verso gli USA e un milieux culturale di grande respiro.
Il resto è occasione mancata, perché di fatto Alfa Romeo con la Casa torinese ha prodotto ben poche innovazioni e ha raccolto pochi successi: uno fra tutti la 164 del 1987 costruita su piattaforma condivisa con Saab e Fiat, e quello della 156 del 1997 che rimane un esempio di design di altissimo livello (grazie a Pininfarina).
Due modelli, la 8C (otto cilindri del 2007) e poi la più piccola 4C (quattro cilindri del 2013) lasciano il segno tra le vetture supersportive di nicchia e ridanno lustro al marchio Alfa Romeo nel mondo.
Alfa Romeo 8C
Passione per i motori e politica Marchionne
La storia di Alfa Romeo è anche quella dell’Italia, di un’azienda che ha forti pulsioni e suscita grandi passioni, ma fatica a rimanere a galla e strutturarsi su una linea di prodotto e con un posizionamento di mercato preciso.
L’arrivo dello Stato non fa che peggiorare la situazione e calmierare una situazione che poi rimane stagnante. L’acquisizione di Fiat, su un lato appiattisce lo sviluppo dei nuovi prodotti e dall’altro produce dei tentativi di rilancio rimasti peraltro abbozzati o incompleti.
Marchionne, prima di lasciarci nel luglio del 2018, aveva concepito e sviluppato un piano di rilancio importante per Alfa Romeo.
Aveva capito che il patrimonio storico di questa marca andava valorizzato e ripreso per recuperare la strada persa rispetto ai marchi tedeschi.
Ci volevano capitali e capacità tecniche. Con il lancio di Giulia e poi Stelvio il prodotto ritrova le caratteristiche delle automobili sportive proprie del Biscione, ma manca la forza di una gamma di prodotto ampia (vedi BMW o Mercedes) e la forza di un grande gruppo industriale che dia continuità e costanza nello sviluppo e commercializzazione dei prodotti sui mercati mondiali.
Alfa Romeo è un marchio famoso al mondo come lo è Ferrari e merita di più di quanto ottenuto fino ad oggi.
Anche se bisogna dire che altri marchi prestigiosi come Saab, una volta acquisiti da un grande gruppo, hanno fatto una fine ben peggiore.
Jaguar, marchio inglese che ha una storia altrettanto nobile, ha rischiato di fare una brutta fine sotto il governo di Ford Motor Company e ha ripreso vigore solo ora con la gestione degli indiani di Tata insieme a Land Rover.
Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio 2020
Il futuro
Questo è solo un pezzo della vita di questo glorioso marchio che ora, all’interno del gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles) & la francese PSA (Peugeot Société Anonyme che include Citroën , DS e da poco anche Opel) dovrà trovare spazio per preservare e sviluppare la propria strategia di prodotto mantenendo il carattere, la sportività ed il design tipici che hanno contraddistinto le vetture del Biscione dalla nascita fino ad oggi e che hanno riempito il cuore di appassionati e non, a partire da Henry Ford che si toglieva il cappello al passaggio di un’Alfa Romeo.